Le origini del rilevatore apicale

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Le origini del rilevatore apicale

Sono sempre più numerosi i dentisti che non vogliono fare affidamento solo sulle radiografie per ottenere una misurazione precisa del canale radicolare. Ma quale strumento è possibile allora far scendere in gioco? Lo strumento ideale è il rilevatore apicale. Andiamo insieme a scoprire le sue origini e il motivo per cui ogni studio dentistico dovrebbe averne uno.

Rilevatore apicale: cos’è e perchè è uno strumento fondamentale

Un tempo era necessario utilizzare le radiografie per una corretta valutazione del canale radicolare. Le radiografie non possono garantire però una misurazione precisa in ogni circostanza. Non solo, per poter ottenere una valida misurazione è necessario sottoporre il paziente a molte radiografie. Questo non è sempre possibile, basti pensare ad esempio alle donne in dolce attesa. Anche se possibile, non si tratta comunque di una scelta ottimale. Un’eccessiva esposizione alle radiazioni infatti non è un bene per la salute.

 

Il rilevatore apicale ha bisogno di una sola radiografia preliminare. Può quindi essere utilizzato su ogni paziente. Permette inoltre di proteggere la salute del paziente. Garantisce poi un’efficienza del 90%. È uno strumento semplice, affidabile, sicuro per la salute. È uno strumento che permette un netto risparmio di tempo e di soldi.

 

Il suo funzionamento è semplice. Si tratta infatti di due elettrodi che vanno a creare un circuito elettrico chiuso. Un elettrodo è inserito nello strumento di rilevazione del canale. L’altro invece deve stare a contatto con la mucosa orale del paziente. In modo semplice e veloce, misura la lunghezza del canale. Offre anche un valido schema anatomico del dente. Le misurazioni possono, nei rilevatori di ultima generazione, essere lette tramite display. I display sono spesso touch e sono di semplice lettura in ogni condizione di luce. Oggi questi rilevatori sono piccoli, leggeri, maneggevoli, con batterie a lunga durata.

Le origini del rilevatore apicale

Siamo agli inizi del 1900. Custer afferma che è possibile valutare la lunghezza del canale radicale tramite la corrente elettrica. Rilevò infatti una conduttività maggiore dei tessuti periapicali rispetto a quelli intracanalari.

 

I suoi studi stanno quindi alla base del rilevatore apicale. È stato però Suzuki nel 1942 a portare avanti questi studi al meglio. Suzuki ha utilizzato degli elettrodi sui cani e ha compreso che effettivamente era possibile effettuare delle misurazioni precise. Riuscì infatti a dimostrare che si veniva a creare una resistenza elettrica costante. Questo inserendo un elettrodo nel canale e uno invece a ridosso della mucosa orale.

 

Le ricerche sono state portate avanti poi da Sunada. Negli anni ‘60 Sunada ha creato il primo rilevatore apicale della storia. Questo rilevatore sfruttava al corrente continua. Questo era un limite, in quanto era difficile riuscire ad ottenere una misurazione precisa. Inoltre la misurazione non era precisa, in quanto era necessario che il canale fosse del tutto asciutto.

 

I modelli di rilevatore arrivati in seguito sul mercato sfruttavano invece la corrente alternata. La precisione era maggiore grazie a questi nuovi modelli, ma i limiti erano comunque molto. Proprio a causa dei loro numerosi limiti, non si diffusero subito in modo capillare.

Dalle origini del rilevatore apicale agli strumenti di terza generazione

Il tempo passa, e con il suo passaggio arrivano innovazione e progresso. Così è stato anche per il rilevatore apicale. Da strumento poco attendibile, si è trasformato in uno strumento invece affidabilissimo. Sono molte oggi le realtà che producono rilevatori di alto livello, come next-med.net.

 

Sono rilevatori molto affidabili, al 90%, purché il canale radicolare sia libero. Saliva, sangue, frammenti di dente o della corona e simili possono rendere la misurazione poco precisa. È normale che sia così. Il dentista deve quindi provvedere ad eliminare questi ostacoli prima della misurazione effettiva.

 

Sono rilevatori composti da due elettrodi che vanno a creare un circuito chiuso. Un elettrodo è inserito direttamente nello strumento di rilevazione. L’altro invece resta a contatto con la mucosa orale del paziente. Le misurazioni arrivano direttamente su uno schermo. Nella maggior parte dei casi si tratta di uno schermo touch. Gli schermi stanno diventando sempre più piccoli e semplici da leggere. I rilevatori stanno diventando sempre più leggeri e maneggevoli, in possesso inoltre di batterie a lunga durata. Il progresso insomma sta facendo il suo corso. E  finalmente gli studi dentistici possono permettersi di lavorare in modo eccelso ed offrire al paziente un’esperienza migliore.